La vita accanto di Mariapia Veladiano

Ho sempre letto libri scelti e comprati da me. Un libro lo acquistavo e lo leggevo. Ne leggevo la recensione, ascoltavo chi me ne parlava e poi lo acquistavo. I libri regalati, per qualche motivo finivano in coda alle mie letture e spesso lì ci rimanevano. Inevitabilmente, finivo per scegliere qualcosa che si somigliava, che mi somigliava. Soltanto negli ultimi anni ho iniziato a leggere libri prestati e consigliati da amici o colleghi, condivisi tra noi: un’apertura che mi ha permesso di leggere libri che da sola, forse non avrei mai scelto. L’apertura alla condivisione dei libri rimanda alla maggiore disponibilità nei confronti degli altri, ha a che fare con la fiducia, con la possibilità di aprirsi, di conoscere e di scoprire di sé, dagli altri. Straordinariamente, tutto questo ha a che fare con il libro di cui desidero parlarvi oggi, che mi è stato prestato:  s’ intitola La vita accanto di Mariapia Veladiano.

Inizia con queste parole: Una donna brutta non ha a disposizione nessun punto di vista superiore da cui poter raccontare la propria storia. (….). La si racconta dall’angolo in cui la vita ci ha strette, attraverso la fessura che la paura e la vergogna ci lasciano aperta giusto per respirare, giusto per non morire. Una donna brutta non sa dire i propri desideri. Conosce solo quelli che può permettersi. (…) si tratta di esistere sempre in punta di piedi, sul ciglio estremo del mondo. Io sono brutta. Proprio brutta.

Rebecca, la protagonista del romanzo, nasce brutta. Attorno a questo, sembrano svilupparsi le relazioni delle persone che le stanno accanto. La madre che, sin dalle prime pagine, prende le distanze da questa figlia nata brutta: mia madre si è messa a lutto quando sono nata, la sua femminilità si è seccata crudele e veloce (..) Dopo che è tornata dall’ospedale non è più uscita di casa, mai più. Non mi prese in braccio, nessuno osò proporle di allattarmi. Il padre che sin dall’inizio tenta di proteggere la figlia, tenendola al riparo dagli sguardi delle altre persone, riparandola dalle cattiverie, dai giudizi. Una protezione che corre il rischio di privarla della propria libertà, della propria autonomia. Per molti anni Rebecca esce soltanto la notte da casa, per non farsi vedere. La tata Maddalena, che le vuole molto bene pur piangendo sempre (…)mi amò da subito con la forza di un bisogno. La zia Erminia sembra l’unica a vedere la nipote al di là del proprio aspetto fisico: è lei che cerca di convincere il padre ad inserirla all’asilo per toglierla da quello stato di isolamento. E’ sempre lei a vedere nelle mani della nipote, quelle di una musicista. Di una pianista.

L’incontro con la musica diventa l’occasione  per Rebecca di rivedere la propria storia di vita, le relazioni fino a quel momento. Di rinascere o forse di nascere. Incontrando per la prima volta quella madre oramai persa. Grazie ai racconti della signora De Lellis, la madre del maestro di piano, Rebecca scoprirà un’altra verità: la depressione della madre dopo la sua nascita non era stata compresa “dopo la mia nascita la vita di mia madre era diventata un piano inclinato. Nessuno le aveva afferrato la mano dall’alto oppure lanciato una corda. Per egoismo, impossibilità, inadeguatezza. Nel suo deformato mondo interiore mio padre era il bugiardo il cui amore riguardoso e impotente otteneva l’unico effetto di serrare il cerchio del suo delirio e per questo veniva punito con il silenzio”. Il padre aveva risposto con debolezza, impotenza. La zia Erminia, dal canto suo, aveva messo in scena il proprio egoismo, la propria vendetta nei confronti della cognata colpevole di averle portato via il fratello. L’aspetto fisico di Rebecca era diventato così importante perché dietro ad esso bisognava nascondere un’altra verità: l’infelicità, le incomprensioni, verità inconfessabili e che facevano paura. La paura rende egoisti, ciechi e sordi.

Rebecca non era stata mai veramente vista: vederla brutta, deformata, impresentabile era stata l’unica possibilità delle persone accanto a lei per salvarsi dalle proprie bruttezze, deformazioni, parti di sé impresentabili. Spostare tutto sulla piccola Rebecca. Mettere il brutto fuori da sé.

Penso a quante Rebecca. Alla difficoltà di comprendersi. Alle tante verità. Commuovono le parole che descrivono la madre nell’impossibilità di far sentire la propria voce, di farsi comprendere: “Mi parlava di lei incatenata alla rupe del suo male nero sopra un’isola abbastanza vicina per vederti e troppo lontana per toccarti, con l’anima spillata dagli sguardi che i tuoi occhi non avevano il coraggio di rivolgerle. Lei vedeva i tuoi passi incerti e davvero avrebbe voluto tenderti le braccia e sostenerti quando sei caduta. E non solo sostenerti ma anche in braccio farti saltellare la sera sulle scale e posarti leggera sul tuo letto ubriaca di voli. Ma non aveva potuto. Le braccia le aveva alzate e ben tese, oh se le aveva tese, si era buttata in avanti gridando aiuto, aiutatemi, cade la mia bambina. Ma l’isola in cui era prigioniera aveva ritirato le rive all’improvviso e l’acqua si era fatta più larga e profonda. Non ti aveva salvata e dicevano tutti intorno che non aveva voluto, nessuno aveva visto le sue braccia alzate e sentito l’urlo della sua volontà”.

Quante madri come la madre di Rebecca.

Prima di concludere, mi sono chiesta il senso del titolo. La vita accanto. Ho trovato la risposta nelle parole della protagonista:  la musica afferrò la mia vita. La consapevolezza tutta nuova che ci si aspettava qualcosa da me riempiva i miei giorni di sentimenti che non conoscevo e che prendevano il posto di quella specie di attesa vuota in cui prima le mie energie si erano congelate. Forse potevo dimostrare che c’era del buono in me, che mi si poteva voler bene perché valevo e non solo per un senso confuso di protezione o di colpa.  

Credo che questo libro racconti la difficoltà di incontrare la vita. Di viverla. Ma racconta anche che ci sono degli incontri e non solo di persone, ma anche di sentimenti e di passioni, in grado di aiutare a superare quel senso di impossibilità, di  non poterne fare parte, di non essere all’altezza, di non avere niente di buono. Incontri in grado di rendere possibile la vita. Non accanto.

Il segnalibro, la piccola Rebecca…..

Buona lettura!

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La vita accanto di Mariapia Veladianoultima modifica: 2019-10-21T00:09:35+02:00da ilibridisilvia
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